Analisi sensoriale…una disciplina incompresa

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Analisi sensoriale… una disciplina incompresa

Le scienze sensoriali sono un’area di ricerca relativamente giovane che, finora, si è dovuta spesso preoccupare di affermarsi come scienza “oggettiva”. In sostanza, desidera essere una scienza che, pur trattando dati soggettivi, produce risultati affidabili, esaustivi e ripetibili. Avrete già capito come, quando si parla di dati soggettivi, ci possa essere confusione tra i termini “analisi sensoriale” e “degustazione”. Mentre molti appassionati di sigaro condividono versioni relativamente simili quando si tratta di definire il termine “degustazione”, lo stesso non accade quando parliamo di analisi sensoriale.

Cos’è allora l’analisi sensoriale?

Si tratta dell’applicazione / metodologia delle scienze sensoriali ed è, come la definisce l’Institute of Food Technologists, “una disciplina scientifica utilizzata per evocare, misurare, analizzare e interpretare le reazioni a quelle caratteristiche degli alimenti e dei materiali così come sono percepite dai sensi “. Alcune peculiarità dell’analisi sensoriale sono l’utilizzo di un panel di assaggiatori allenati e di statistica. Queste tecniche mirano a ridurre il “rumore”, gli errori e le variabili associate alla percezione umana. Eliminando la maggior parte degli aspetti soggettivi, come storie personali e narrativa di vendita, l’attenzione rimane sul prodotto, sulle persone e sull’interazione tra i due. In realtà, si è resa necessaria la sostituzione delle opinioni dei singoli esperti con i metodi dell’analisi sensoriale, in primo luogo perché i risultati di più persone (panel) sono più affidabili, oggettivi e imparziali di quelli di un singolo individuo. Ovviamente vanno tenuti in considerazione gli ambiti di utilizzo dell’analisi sensoriale: ottenimento di informazioni fruibili, sia da parte del consumatore per le decisioni di acquisto, sia da parte delle aziende che desiderano il successo a partire dalla qualità sensoriale dei propri prodotti. Non stiamo quindi parlando di divulgazione di personali note di degustazione per diletto. Quelle, più romantiche sono e meglio è…

Una breve storia

Alle sue origini, la psicologia comportamentale si pose il problema di come percepiamo e se possiamo in qualche modo colmare il “divario esperienziale” attraverso il paragone – dopo tutto, non essendo (ancora) esseri telepatici, non capiremo mai come un’altra persona percepisce il mondo. Da ciò nacque la psicofisica, che studia il miglioramento dell’uso dello strumento di misura umano e sviluppa metodi per escluderne le influenze soggettive. I primi passi furono fatti in Germania, nel 1846, da Ernst Heinrich Weber, che definì la “differenza

appena percettibile” (“jnd”). Ulteriori studi furono condotti da Gustav Theodor Fechner, Wilhelm Maximilian Wundt e Edward Bradford. Allora le scienze sensoriali si trovarono a diversi incroci, spesso ancora profondamente radicate in campo medico e il loro campo originale venne suddiviso in diverse discipline. Il “come” rimase il dominio del campo medico, dove furono co-fondate le neuroscienze. Qualsiasi domanda sul “perché” rimase nel campo della psicologia, della sociologia e persino dell’antropologia.

Alcune di queste risposte molto basilari vennero ottenute in modo piuttosto raccapricciante, sia attraverso esperimenti sugli animali sia con le scoperte impensabili e immorali di entrambe le guerre mondiali, con l’obiettivo di rispondere a domande come “cosa stiamo percependo?”. Nel 1942, Titchener spostò il dibattito negli Stati Uniti, dove Edwin Garrigues Boring pubblicò “Sensation and Perception in the History of Experimental Psychology”. Probabilmente è meglio conosciuto dai degustatori per aver mal interpretato lo studio di David Paul Hänig, dando origine al mito della “mappa della lingua” dei gusti di base localizzati. Mentre i quesiti fondamentali rimanevano in altri campi, le scienze sensoriali si concentrarono presto sulle questioni di applicazione – fondamentalmente sul “cosa?”. I beni di consumo, e in particolare i prodotti alimentari, si sono prestati meglio di qualsiasi altro contesto e sarebbero diventati sempre più interessanti anche in sinergia con un’altra conquista “moderna”: il marketing. Molti scienziati incrementarono il valore dell’analisi dei dati sensoriali e iniziarono i primi lavori sui consumatori, che permisero loro di rispondere non solo alla domanda “ti piace?” ma soprattutto “trovi una differenza?”. La necessità di una metodologia formalizzata era già evidente all’inizio del 1900, quando furono sviluppati semplici test sensoriali presso aziende come Guinness in Irlanda, la distilleria Seagram negli Stati Uniti e Carlsberg in Danimarca. Anche le aziende britanniche di sigarette si resero presto conto che il feedback più affidabile per lo sviluppo dei propri prodotti sarebbe giunto dai consumatori più accaniti. Da allora in poi, le scienze sensoriali si sono anche evolute parallelamente allo sviluppo di metodi statistici e tipologie di dati. Per semplificare, immaginiamo di passare da due risposte (sì / no) per la domanda “ti piace questo?” a una scala numerica scorrevole per la domanda “quanto ti piace questo”? L’Università della California a Davis svolse un ruolo chiave nella ripresa del settore vitivinicolo californiano, che fu distrutto dal proibizionismo americano (1920-1933). Le prime schede di valutazione a 100 punti furono applicate al vino, seguite dalla consapevolezza quasi immediata che i panelist utilizza(va)no solo una piccola parte delle scale a 100 punti. Di conseguenza, fu creata la cosiddetta Davis Wine Quality Score Card a 20 punti (Amerine, Roessler e Filipello 1959) per considerare i vini come prodotti di alta qualità se privi di difetti e “fedeli a cultivar”. Nel 1957, insieme a Beverly Kroll, David Peryam (padre della scala edonica a 9 punti) co-fondò la prima società di consulenza per la ricerca alimentare: Peryam & Kroll. Ciò spostò le scienze sensoriali dalle università e dai produttori alle società di consulenza private.

Alcune applicazioni dell’analisi sensoriale

Oltre a questo cambiamento, fu introdotta un’altra pietra miliare innovativa nelle scienze sensoriali: l’analisi descrittiva, spesso considerata lo standard di riferimento per la produzione di dati significativi e decisionali. Questa tecnica di consenso, adottata da Cigar Sense, valuta tutti gli aspetti delle proprietà sensoriali di un sigaro in un lessico definito che include, ma non si limita a, aromi, gusti, sensazioni tattili, prima, durante e dopo i test alla cieca. In Europa sono stati fatti passi da gigante anche dal punto di vista delle correlazioni con l’analisi chimica e con le neuroscienze, in vista di sviluppare tecniche complementari per poter dare un quadro sempre più esaustivo di un prodotto. Ciò è particolarmente importante per la definizione, la comprensione e la protezione delle specialità regionali come i prodotti certificati. In Italia, l’analisi sensoriale fu adottata dall’industria alimentare in seguito al crollo dei consumi (austerity) causato dalla crisi petrolifera del 1973-74. Le aspettative dei consumatori erano cambiate ed occorreva soddisfare la crescente domanda di prodotti di qualità, più in linea con le moderne esigenze del gusto. Successivamente, l’approccio sensoriale fu esteso ad altri settori, dalla cosmetica al tessile, all’automotive, alle catene alberghiere e altri. A titolo di esempio “food”, oggi nel gruppo Ferrero vengono effettuati oltre 400.000 assaggi all’anno, con una media mensile di 33.900 test. Internamente, i dipendenti sono incentivati a prendere parte agli studi sensoriali, valutando tutto, dalle materie prime ai prodotti finiti, sia propri che di concorrenti. Inoltre, all’esterno, Ferrero mantiene anche un panel di circa 1.700 consumatori. Ovviamente i dati dei consumatori vengono confrontati con il profilo sensoriale di ogni prodotto, realizzato grazie a panel di assaggiatori allenati. Ciò consente alle aziende di fare diverse cose: prevedere quale ricetta / blend avrà maggior successo tenendo conto delle risposte dei consumatori alle proprietà sensoriali di ciascun blend migliorare la qualità sensoriale di un prodotto comprendendone le caratteristiche sensoriali e come esse influenzano le preferenze dei consumatori capire come si comporta un prodotto rispetto a prodotti della concorrenza in relazione alle percezioni dei consumatori e / o alle caratteristiche sensoriali determinare se i consumatori possono rilevare le differenze tra i prodotti, ad es. tra i prodotti “me too” o modifiche di prodotti dovute a variazioni in ricette / blends utilizzare i profili dei prodotti presso i rivenditori dimostrando che l’azienda ha una maggiore comprensione sensoriale dei propri prodotti assistere nella determinazione della durata di conservazione di prodotti, ingredienti e altro ancora.

Le incomprensioni

Tra le aziende esistono pregiudizi sull’analisi sensoriale. Ad esempio, molte aziende fanno affidamento sul proprio personale di sviluppo prodotti o di marketing che detta cosa percepire, come chiamare le percezioni e cosa vorrebbe il consumatore, senza alcuna valutazione sensoriale strutturata. Numerosi flop ne sono la testimonianza e, con una maggiore accettazione, i sensorialisti fanno sempre più parte integrante dei processi decisionali di prodotti di successo.

Per alcuni, l’analisi sensoriale non è considerata una scienza in grado di fornire informazioni affidabili e valide. Ciò è favorito in parte dalla nozione semplicistica che chiunque possa fornire un giudizio sensoriale e che sembri semplice. Quindi, perché un responsabile sviluppo prodotti o marketing dovrebbe credere ai risultati di un test che non sono coerenti con le proprie aspettative e le proprie valutazioni? E perché, al contrario, non credere a quegli influencer che pubblicano risultati totalmente diversi dai propri? È vero, loro aiutano a vendere, anche se spesso tale impatto dura solo poco tempo. Sebbene la “degustazione” sia utilizzata come mezzo principale per esplorare le proprietà sensoriali di un prodotto, l’analisi sensoriale non è (una parte di) una “degustazione”. Infatti, oltre ad essere una disciplina scientifica fatta di principi, tecniche e metodologie, è una materia fortemente regolamentata sia a livello internazionale ISO che nazionale. Ricordo Lucia Bailetti, che forma e certifica professionisti sensoriali presso il Centro Italiano Analisi Sensoriale, ripetere durante i suoi corsi: “Puoi essere il miglior sommelier del mondo ma, se non applichi l’analisi sensoriale, esprimerai sempre e solo la tua vulnerabile opinione soggettiva. Ti occorre almeno l’uso di un panel addestrato e di statistica per affermare che fai analisi sensoriale “. Marco Prato (@ilfummelier) concorda con Mario Ubigli, Consigliere Nazionale dell’Organizzazione Nazionale Assaggiatori Vino: “A partire dalla fine dello scorso secolo, molti fra coloro che per ragioni varie praticavano, con successo, la degustazione stabilirono – credo senza prove – che l’espressione “analisi sensoriale” fosse un sinonimo di degustazione e come tale la usarono in lungo e in largo talora per confusione, talaltra per questioni di eleganza lessicale.” Come spiega Luigi Odello del Centro Studi Assaggiatori “Negli anni ’70 si facevano ancora pochi test di analisi sensoriale e l’Italia sicuramente è il paese con il più folto numero di assaggiatori e di consumatori-recensori, che sostanzialmente assaggiano, degustano, ma non possiamo parlare di analisi sensoriale”. Credo che i fattori che possano aver contribuito alle incomprensioni legate all’analisi sensoriale siano molteplici. La presenza di tanti assaggiatori e di manuali di degustazione obsoleti sono chiave, ma credo anche che, mentre gli scienziati continuavano a produrre letteratura accademica per evolvere la disciplina, ben pochi hanno saputo divulgarne i benefici alle comunità non scientifiche. In Italia vedo ora iniziative interessanti che stanno cercando di colmare questo divario. Spero che questo articolo sia utile nel fornire alcuni spunti di riflessione.

Riferimenti

Cigar Sense Podcast, episodi 4, 5, 33, 40 Duxbury Dean (2005) Sensory Evaluation Provides Value, Food Technology Magazine Heitkamp Constantin (2021), interviste Heitkamp Constantin (2020), Sensory science for the cigar industry, webinar Cigar Sense Heymann Hildegarde (2019) A personal history of sensory science, Food, Culture & Society, 22:2, 203-223, DOI: 10.1080/15528014.2019.1573043 Miranda Amaury Borges (2020), Sensory analysis and Cuban cigars, webinar Cigar Sense Pagliarini Ella (2021) Valutazione sensoriale. Aspetti teorici, pratici e metodologici (seconda edizione) – Hoepli Ubigli Mario, Cravero Maria Carla (2020) Analisi sensoriale e degustazione del vino, Edagricole – Edizioni Agricole di New Business Media srl EN – Sensory analysis, a misunderstood disciplin

 

by Franca Comparetto

 

Uno Speciale ringranziamento a Franca Comparetto

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